Come un perfetto disegno del destino, il laboratorio “Col Calcio …. si impara” in collaborazione fra la Cooperativa Sociale “Eughenia” e l’USD Bitonto Calcio, giunge al termine ospitando uno dei massimi rappresentanti dello sport nostrano, come il centrocampista bitontino Nicola De Santis.
E’ stato infatti il metronomo di mille battaglie autore di una carriera straordinaria che lo ha portato a calcare anche e sopratutto i campi di serie C, a portare la propria testimonianza di vita ai ragazzi.
Testimonianza di un viaggio iniziato in fase adolescenziale e costernato da mille rinunce, una fra tutte, lo stare lontano dai propri affetti.
Ogni rinuncia però. rappresentava uno scalino da salire nella strada che porta verso la realizzazione dei propri sogni.
Sogni che talvolta hanno la forma di un paio di scarpette dal fondo contornato di tacchetti e dalla forma di un pallone. Che talvolta hanno la grandezza e la profondità di un campo da calcio.
Sogni, che a volte hanno la stessa consistenza di una lacrima che incontri nello sguardo di una persona che ti è sempre stata accanto, mentre corri all’impazzata verso la tribuna per dare libero sfogo ad un’ esultanza dopo un goal.
Avere qualcuno che creda in te dunque, ma soprattutto imparare a tracciare da soli la propria rotta.
Questo ha raccontato ai ragazzi Nicola. Imparare a contare su se stessi, imparare a sapere cosa volere dalla vita e, soprattutto, imparare a non cestinare buona parte del proprio tempo, inseguendo e coltivando i falsi miti della felicità.
«Quando giocavo a calcio ad altissimi livelli – ha affermato Nicola – oltre ad allenarmi, avevo molto tempo libero che ho sprecato nel nulla. Potessi tornare indietro oggi, cercherei di impiegarlo per fare ed imparare molte più cose. Ed è proprio questo che voglio dire ai ragazzi. Non sprecate il vostro tempo, imparate quanto più potete studiando. Perché è la cultura il motore che continua ad alimentare il mondo ed il saper stare al mondo».
Saper stare al mondo dunque.
Quello stesso mondo che fa da cornice a quel meraviglioso quadro che si chiama vita, e che a Nicola ha dato dapprima l’opportunità di giocare nella squadra della propria città, e poi, gli sta dando l’opportunità di chiudere la carriera a Bitonto, proprio nel momento in cui le strade della vita sembravano andare in un’altra direzione.
«Quando a quarant’anni ti fratturi la spalla, credo che il 90% degli atleti scelgano di salutare definitivamente ogni tipo di attività, prendendolo come un segno del destino. Io no. Io non volevo smettere, o quantomeno, non volevo farlo in questo modo. Così, chiedendo al Bitonto di potermi allenare per poter recuperare la forma fisica, mi sono rimesso in gioco, ed alla fine ho avuto l’opportunità di poter chiudere qui la mia carriera. Una cosa impensabile sino a qualche mese fa, ma comunque una cosa alla quale ho sempre sperato. Ed è proprio questo che voglio che i ragazzi possano imparare. A non dare mai niente per scontato, a non pensare che tutto sia concesso. Perché anche a 40 anni, bisogna avere la forza, l’umiltà e la determinazione di sapersi rimettere in discussione. La forza di volontà sta nel non lasciarsi abbattere dalla vita, ma prenderla come motivo per imparare a guardare avanti ancora più forte di primo. Sperando sull’aiuto di qualcuno, ma contando sempre e solo su se stessi. Siete voi ragazzi, ad essere padroni del vostro destino, per cui non sprecate mai anche solo un secondo del vostro tempo».
Un viaggio che si chiude dunque, con un racconto di chi è ben ancorato alle proprie radici. Le radici, il punto da cui ognuno cerca di prendere la propria strada, il punto a cui ognuno torna quando si sente smarrito.
Di Danilo Cappiello