Il progetto socioeducativo Chiccolino è volto al recupero di minori incappati nel circuito penale che e/o a forte rischio di devianza, ivi compresi minori destinatari delle misure di cui all’art. 28, comma 2, DPR 448/88
«Un chicco di grano, rimasto solo nel campo dopo la mietitura, aspettava la pioggia per tornare a nascondersi sotto le zolle.
Una formica lo vide, se lo caricò addosso e si avviò, con grande fatica, verso il nido lontano.
Cammina e cammina, il chicco di grano sembrava diventare sempre più pesante sulle spalle affaticate della formica.
“Perché non mi lasci stare?” disse il chicco di grano.
La formica rispose: “Se ti lascio stare, non avremo provviste per quest’inverno. Siamo in tante, noi formiche, e ciascuna di noi deve portare nella dispensa quanto più cibo riesce a trovare”.
“Ma io non sono fatto soltanto per essere mangiato” continuò il chicco di grano. “Io sono un seme pieno di vita e il mio destino è quello di far nascere una pianta. Ascoltami, cara formica, ti propongo un patto”.
La formica, contenta di riposarsi un po’, depose il chicco di grano e chiese: “Quale patto?”.
“Se tu mi lasci qui nel mio campo” disse il chicco di grano “rinunciando a portarmi nel tuo nido, io, fra un anno, ti restituirò cento chicchi uguali a me”.
La formica lo guardò con aria incredula.
“Sì, cara formica. Fidati di me. Se oggi tu mi lasci qui, io ti darò cento me, ti regalerò cento chicchi di grano per il tuo nido”.
La formica pensò: “Cento chicchi di grano in cambio di uno solo…sarebbe un miracolo!”.
“E tu come farai?” chiese al chicco di grano.
“È un mistero” rispose il chicco di grano. “È il mistero della vita. Scava una piccola fossa, seppelliscimi lì dentro e ritorna tra un anno”.
L’anno dopo la formica ritornò.
La promessa fu mantenuta. La formica trovò cento chicchi di grano pronti per essere portati nel nido.
[Leonardo da Vinci]
L’esperienza maturata negli anni nei vari servizi psico-socio-educativi sia a livello nazionale che internazionale ha consentito di rilevare che il fenomeno della devianza minorile va considerato sia globalmente sia nelle sue differenziazioni specifiche, va visto come un processo sociale ma anche come una realtà a multi dimensione e mutevole.
La realtà della devianza minorile appare oggi, rispetto al passato, ancora più sfuggente. Non solo per l’utilizzo di chiavi interpretative classiche e, perciò, non più adeguate. Ma, soprattutto, perché gli adolescenti abitano un sistema sociale frammentato, caratterizzato dalla perdita del senso di appartenenza, dalla crisi di identità e dalla contestuale necessità di assumere molteplici identità, da rapporti che Zygmunt Bauman definisce “liquidi”. In questo contesto, il disagio minorile si caratterizza per la crescente complessità delle sue manifestazioni: dispersione scolastica (soprattutto a livello delle scuole superiori), conflittualità familiare, uso di sostanze stupefacenti e/o psicotrope. Tali disagi sovente sfociano in devianza e in criminalità minorile.
Negli ultimi vent’anni, la devianza minorile ha subito profonde trasformazioni. Sotto il profilo quantitativo, infatti, il numero dei ragazzi denunciati penalmente è più che raddoppiato, sotto il profilo qualitativo, all’unico monolitico modello precedente, costituito dalla devianza tradizionale, – quella dei minori provenienti da quartieri degradati di periferia, con famiglie disgregate, inseriti in circuiti illegali ed incapaci di educare – si è andata sostituendo una pluralità di modelli, che induce a parlare non più di “devianza” al singolare ma di “devianze”.
Emergono, inoltre, devianze nuove, con manifestazioni inedite, che vanno dal bullismo ad altre manifestazioni sul territorio, di una violenza tanto esasperata quanto immotivata. Si tratta di forme di devianza che presentano caratteristiche peculiari, differenti da quelle prospettate in precedenza, definite con termini non tecnici, quali il “malessere del benessere”.
Una valutazione obiettiva, dunque, delle condotte devianti e/o criminali necessita di una visione complessiva che tenga conto simultaneamente tanto delle cause sociali del fenomeno, quanto delle diverse modalità di risposta del singolo individuo.
È chiaro, quindi, come risulterebbe estremamente riduttivo ritenere i comportamenti devianti o criminali quale semplice espressione di fattori innati o acquisiti nel contesto socio-familiare e liberi da ogni vincolo decisionale personale del minore.
L’esperienza maturata in questi anni, sia nell’ambito della prevenzione della devianza che nell’ambito penale minorile, ha portato Eughenia alla convinzione che la positività di qualsiasi percorso educativo, rieducativo e di reinserimento sociale del minore a rischio di devianza o entrato nel circuito della giustizia penale, non può prescindere dal lavoro sinergico e parallelo con tutti coloro che, a vario titolo, entrano a far parte della vita dello stesso (famiglia, operatori sociali, istituzioni, amici e territorio).
Gli interventi nell’area penale minorile, per consentire una veloce restituzione al sociale, devono prevedere una continuità dei processi educativi. In tal modo il percorso penale del ragazzo autore del reato non è scisso dalla globalità delle sue esperienze di vita.
In tale ottica significativo appare l’intervento sul territorio, considerato non solo come luogo dell’espressione dei problemi, ma soprattutto come luogo della loro ricomposizione, come insieme di reticoli con competenze utili a far fronte alle problematiche sociali, intese come disequilibrio della rete sociale dell’individuo che va sostenuta nelle sue competenze risolutive.
Queste riflessioni sono in linea con i principi che stanno alla base del processo penale minorile, per cui l’intervento penale costituisce un momento altamente strutturato (in relazione ai vincoli, alle prescrizioni, agli obblighi che esso comporta) che svolge una funzione strutturante per la prospettiva di vita del minore e quindi in questo senso preventiva, in quanto fornisce alcune coordinate attorno alle quali egli può costruirsi un diverso percorso evolutivo.
La cooperativa Eughenia ha elaborato la seguente idea progettuale con l’intento di rendere complementari strumenti d’aiuto a valenza psico-pedagogica strutturati e pensati ad personam, a strumenti atti a far emergere o evidenziare abilità, competenze ed inclinazioni di ogni ragazzo attraverso l’individuazione di attività a carattere laboratoriale e formativo di tipo innovativo.
Eughenia, è stata la prima organizzazione a livello nazionale ad avviare nell’anno 2010 la sperimentazione di un Centro socio-educativo diurno per minori dell’area penale con importanti risultati riconosciuti anche dalla Commissione Europea.
Con il progetto “ALTERNATIVE TRACKS – integrated approach to minors offenders and their families”, candidato dalla Cooperativa Eughenia nell’ambito del Bando per Progetti 2013 del Programma Europeo “Criminal Justice”, ed approvato dalla Commissione Europea D.G. Giustizia con decisione del 12 novembre 2013 –C (2013)7970 la Commissione europea ha considerato best practice e, come tale da esportare e mutuare in altri Paesi, grazie al partenariato europeo creato, insieme alle procedure, le azioni e gli strumenti psico-socio-pedagogiche adottati dalla Cooperativa sociale Eughenia nella gestione decennale di centri socio-educativo diurni per minori, ed in particolare della sperimentazione effettuata per quei ragazzi entrati nel circuito penale italiano.
L’esperienza italiana, insieme alle altre migliori pratiche individuate nella fase di ricerca iniziale, è servita a sviluppare un protocollo di lavoro, validato a livello Europeo ed adattabile alle specificità locali.
Il lavoro ha puntato a combattere la devianza e la criminalità minorile riducendo il rischio di possibili aggravamenti di misura cautelare e/o recidiva successiva alle dimissioni, oltre che a promuovere l’educazione alla legalità attraverso l’applicazione di azioni concrete – già attuate in Italia da Eughenia – come parte dei programmi alternativi o paralleli alla detenzione o al collocamento in strutture comunitarie. L’aspetto cruciale della rieducazione del minore dell’area penale, orientata a costruire e fornire alternative concrete al carcere , per i minori autori di reati, le loro vittime e familiari , considerando il background, le prospettive individuali e sociali, è stato oggetto di analisi e studio condiviso fra i soggetti partner giunto, poi, all’elaborazione di un Vademecum operativo.
Dall’analisi del fenomeno della devianza emerge, quindi , che la stessa, è soggetta a mutamenti dovuti ai cambiamenti del costume, della società e del contesto politico-territoriale all’interno del quale ci troviamo a dover distinguere ciò che è deviante da ciò che invece si conforma alla norma.
Quando ci si appresta ad indagare il fenomeno della devianza minorile, ci imbattiamo in alcune implicazioni che l’aggettivo “minorile” determina: il problema della punibilità, il problema della distinzione tra devianza minorile e devianza in senso lato.
La devianza minorile, si riflette su una superficie sempre mutevole di condizioni sociali e circostanze storiche, per cui la stessa non ha un volto in sé, ma la sua configurazione è data dallo specchio su cui è riflessa.
La devianza minorile non sembra più correlata prioritariamente alle condizioni socio-economiche della famiglia, ma interessa in maniera trasversale, tutte le fasce sociali rimandando alla carenza di strumenti cognitivi, relazionali, culturali da parte del sistema di appartenenza.
Il contesto socio-familiare non è una variabile indipendente, esso incide sul minore e sulla sua possibilità di recupero sociale. La riflessione pedagogica non può e non deve eludere il contesto nel quale agire ed intervenire sul piano ri-educativo.
Un percorso ri-educativo che risponda ai bisogni psico-socio-educativi di quei minori che sono entrati nella giustizia penale o che sono da considerarsi a forte rischio di devianza deve saper coniugare la centralità del minore con il contesto socio-ambientale in una sorta di ecologia del “sistema umano” .
La Cooperativa Eughenia, con il progetto socio-educativo “Chiccolino”, attraverso azioni dirette ed indirette a carattere psico-socio-educativo e percorsi strutturati ad personam mediante predisposizioni dei P.E.I. (Progetti Educativi Individualizzati), vuole risponde ad un’ esigenza sociale che vede come protagonisti minori che, nel commettere reati, sono incappati nelle maglie della giustizia penale o che sono da considerarsi a forte rischio di devianza.
In particolare:
- Minori per i quali l’autorità giudiziaria abbia applicato ex art. 20 D.P.R. 448/1988 prescrizioni compatibili con un percorso psico-socio-educativo realizzabile in con un percorso socio-educativo non residenziale;
- Minori per i quali l’autorità giudiziaria abbia disposto ex art. 21 D.P.R. 448/1988 la permanenza in casa accompagnata da prescrizione compatibile con un percorso psico-socio-educativo percorso psico-socio-educativo realizzabile con un percorso socio-educativo non residenziale previa autorizzazione all’allontanamento temporaneo nell’arco della giornata della stessa Autorità giudiziaria;
- Minori per i quali il l’Ufficio Servizi Sociali Minorile ritenga più efficace il trattamento socio-educativo in regime di semiresidenzialità in alternativa al collocamento in comunità ex art. 22 D.P.R. 448/1988 stante la personalità del minore;
- Minori per i quali si è concluso il percorso di collocamento in comunità ex art. 22 D.P.R. 448/1988 o la custodia cautelare in carcere ex art. 23 D.P.R. 448/1988 e per i quali è previsto un graduale riavvicinamento al contesto sociale di origine;
- Minori a favore dei quali viene disposta la sospensione del processo per messa alla prova ex art. 28 D.P.R. 448/1988;
- Minori per i quali sia disposto l’affidamento in prova al Servizio Sociale ex art. 47 Legge 354/1975;
- Minori per i quali è disposta la detenzione domiciliare ex art. 47 ter Legge 354/1975. previa autorizzazione all’allontanamento temporaneo nell’arco della giornata della stessa Autorità giudiziaria;
- Minori – segnalati dall’Ufficio dei Servizi Sociali d’ambito – che versano in una forte condizione di pregiudizio, intendendo con tale termine l’alto rischio del minore di incappare nelle maglie del circuito penale a causa del suo vissuto caratterizzato da marginalità sociale, delle sue frequentazioni, del quartiere in cui vive, del contesto deresponsabilizzato familiare o da circostanze del caso che rendono la vita del minore fortemente a rischio di devianza.